Recensione sul blog Connessioniletterarie.it
“Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno”, perché c’è sempre un’anima che aspetta la nostra per essere liberata. Lo sanno bene Lorenzo e Letizia, due fratelli, la cui infanzia è provata dalla morte della madre. Lo sanno bene Matteo, Lucia e Cecilia, le cui vite spezzate, interrotte, verranno ricostruite proprio da Lorenzo e Letizia.
I due fratelli sognano in una speranza onirica che si fa realtà di salvare Bianca e Nerone, due cavalli prigionieri del luna park dove si trova la giostra che li tiene ancorati a sé: un desiderio di salvezza che è desiderio di salvarsi dalle ferite della vita, quelle lasciate dalla morte della loro madre e dall’essere stati abbandonati dal loro padre, e desiderio di salvare le vite di altri personaggi.
Quelle di Matteo e Lucia, congelate dal dolore e dalla follia: il dolore per una bimba mai nata, la cui esistenza negata farà precipitare Lucia in una pazzia in cui nulla potrà l’amore di Matteo. E quella di Cecilia, bella, seducente e talentuosa pianista, la cui anima è assediata da una relazione tossica, una di quelle che svuotano la vita e lasciano deserto.
Letizia e Lorenzo s’imbatteranno in queste vite, Letizia in quella di Matteo e Lorenzo in quella di Cecilia.
Alla fine del romanzo di nuovo il luna park abbandonato, di nuovo i cavalli delle giostre. Stavolta lontani, liberi. Giudicate voi, se questi cavalli siano metaforicamente Lorenzo e Lucia, Matteo e Cecilia, se non siano voi stessi. Perché i libri salvano, perché certi personaggi rimangono nell’anima e ci cambiano la vita.
Una prosa lirica. Un filo narrativo incalzante. Le parole della poesia prestate alla prosa per scandagliare l’io.
Un romanzo d’anime, dove i protagonisti sono il dolore, l’amore, la disperazione, la speranza, la salvezza.
Che portino altri nomi, diversi dai nostri, da quelli di ognuno di noi, non vuol dire che non ci sia l’umano dipinto in queste pagine, dove i personaggi sono ribaltati come calzini, e raccontati da dentro, come se Antonio Gentile volesse fare una geografia d’anime e non un ritratto di vite e di storie. Emozionante.
Intervista su "Il blog di Chiara"
Ciao Antonio, potresti parlare un pó di te?
Ciao Chiara, ho 38 anni e vivo a Pescara. Ho una bellissima famiglia composta da tre splendide donne: mia moglie e due bambine adorabili. Nella vita faccio l’ingegnere, mestiere ben lontano dall’arte, ma forse è proprio questa dissonanza che mi ha spinto ad esprimermi attraverso la scrittura.
"I cavalli delle giostre" é il tuo primo romanzo, giusto? Come é nata l'idea di scrivere questa storia?
Il bisogno di scrivere, di focalizzare una storia mi accompagnava da anni. E’ arrivato un periodo della mia vita in cui l’urgenza di scrivere è diventata necessità. Per gioco, per soddisfazione personale…, non so, ma il bisogno di esprimere la convinzione che ha sempre guidato la mia esistenza ha avuto il sopravvento su ogni resistenza: “Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno” dice Letizia, una dei protagonisti, al culmine della narrazione. Cura dell’altro e liberazione: due concetti strettamente legati fra loro, intorno ai quali ruota tutto il contenuto della mia storia. Incontri fra anime ferite che, specchiandosi l’una nell’altra, condividono fragilità, affermando così la propria identità, trovando un posto nel mondo. L’incontro, la cura degli affetti sono le uniche esperienze in grado di donare una nuova visione del mondo e raggiungere equilibrio e serenità.
Ti ritrovi particolarmente in un personaggio specifico del romanzo? Se sí, in quale?
Ho messo un po’ della mia anima in ogni personaggio. Tutti e cinque, Letizia, Lorenzo, Matteo, Lucia e Cecilia, sono accomunati dal sentire lieve delle cose, da un collegamento sottile ma tenace con il sussurro appena percettibile del mistero dell’esistere. Imprigionati dagli accadimenti terreni, trovano salvezza e liberazione nell’arte, nel contatto con l’altro. Come i cavalli delle giostre, che rappresentano la malinconia, la rassegnazione all’alienante, ripetitivo percorso dal quale non ci si riesce a scostare, ma, allo stesso tempo, rappresentano la speranza, la potenzialità, lo strenuo bisogno di fuggire e spezzare le aste che precludono la liberazione.
Hai in mente altre storie da scrivere? Ci puoi dire qualcosina?
Ho già in mente il titolo, si parlerà di un viaggio. Nel viaggio, paradossalmente, ci si riesce a fermare, a valutare la propria vita, la propria rotta, a contemplare la meraviglia dell’esistenza, a ritrovarsi e riconoscersi esseri pulsanti. L’arrivo è compimento, statica, arresto, istante definito nel tempo. La strada è potenzialità, romanticismo, furore, pazzia, frangente senza tempo. Tempo misurato dalle lancette dell’orologio e tempo prodotto dalla musica (il tema della musica è uno dei contenuti predominanti del romanzo). Il tempo misurato dall’orologio passa, si dissolve, non può tornare indietro, perché è una percezione della mente. Il tempo della musica passa ma non si dissolve, diventa eterno, perché è una percezione dell’anima.
Ora l'intervista é finita! Ti va di salutarci con la tua citazione preferita?
Riporto un passo del capitolo “Quando piove” in cui Lorenzo prova, appunto, l’esperienza della soprannaturalità della musica. La musica arriva dal bosco, scuote le foglie. Ha il sapore e l’odore di eterno. E’ fresca, fluida, solenne. S’imprime nell’iperbole disegnata dal vento, che cala le note dal cielo, racchiuse nei frammenti di pioggia. Infinite, interminabili note. S’infilano tra le righe parallele del pentagramma, fino a farle toccare.
Recensione su Sololibri.net
I cavalli delle giostre (Anordest, 2014) di Antonio Gentile, vincitore del premio letterario InediTO-Colline di Torino 2013 e il premio Mondolibro di Roma, è un libro che mi ha colpito sin da subito. Adoro il titolo, come mi ha immediatamente attratto la copertina, che sembra esprimere la forza del pensiero, una voglia intensa di respirare, un respiro che vale il riappropriarsi della propria vita.
I cavalli delle giostre racconta dell’infanzia di due fratelli, Letizia e Lorenzo e lo fa con descrizioni profondamente intense sin dalle prima pagine. I protagonisti sono alle prese con i loro sogni e la loro immaginazione che sfida la realtà che fin troppo spesso provoca grande dolore. Nella fiaba nascosta agli occhi degli adulti e dispersa nei boschi nei quali i due fratelli si rifugiano, le loro menti sognano di salvare Bianca e Nerone, i cavalli della giostra che li tiene prigionieri in un luna park abbandonato.
Per chi legge è subito evidente lo stile narrativo, così carico di immagini poetiche accompagnate da un lirismo che raggiunge livelli molto alti e che poche volte cade in contrasto con la descrizione narrativa dei fatti. Il linguaggio è dato dall’inserimento di frasi brevi, l’uso di andare a capo frequentemente definisce la scrittura “a scatti”, veloce, intensa che però non perde profondità. Le parole sono poche ed evocative, attraversate da metafore che permettono alla storia di iniziare come per magia, come un fantastico incantesimo che ci apre le porte del mondo in cui l’autore vuole immergerci.
Non è facile con poche parole riuscire a trasmettere l’essenza delle situazioni e degli stati d’animo ma Antonio Gentile ci riesce subito. Molte scene iniziali sono raccontate dal punto di vista dei bambini ed è attraverso quelle visioni a metà tra il fantastico e il reale che la scrittura non diventa solo poesia o lirismo, ma nasconde una profonda conoscenza dell’animo umano, delle sue ferite, dei suoi dissidi interiori, delusioni, angosce vissute nell’infanzia che scavano nell’animo fino all’età adulta ed è così che si resta scavati, annientati da una presenza oscura che ha preso posto dentro di noi e che non riusciamo a cacciare via.
Nel rapporto tra Letizia e Lorenzo, lei appare più forte e più disposta a trovare un compromesso con l’irruenza e la durezza della realtà che intacca continuamente il loro fragile mondo, soprattutto quello del fratello che sin da subito appare come un solitario ed un incompreso, con grandi difficoltà nell’apprendimento e nel relazionarsi con gli altri. Va male a scuola e la madre gli regala un pianoforte, convinta anche dal medico, che possa essere d’aiuto per farlo venire fuori dal suo isolamento.
Lorenzo suona il piano in modo sorprendentemente naturale, egli non segue nessuno spartito, nessuna regola ma crea una musica che proviene direttamente dal profondo dell’anima. La musica diventa salvezza, un modo per ricongiungersi con il mondo ma la morte alza ancora il suo sipario e i titoli di coda scorrono inesorabili ad imbrattare le pagine bianche dei nostri piccoli protagonisti. Le parole si confondono con i suoni ed esprimono l’arte di ricreare emozioni con poche lettere sparse ed equidistanti l’una dall’altra in una perfetta simmetria che permette a chi legge di cogliere l’incanto delle note in netto contrasto con il dolore fisico lancinante di chi regala quella melodiosa sinfonia.
I protagonisti non sono solo Letizia e Lorenzo, ma anche Matteo e Lucia alle prese con la nascita del loro primo figlio e Cecilia, una musicista che vive una relazione abbastanza disastrata.
Lo stile dell’autore si connota di un sottile compiacimento poetico nell’usare un linguaggio ritmico, cadenzato. La stessa frase può ripetersi più volte come un dolce ed intenso leitmotiv, come i versi di una poesia, come il ritornello carezzevole di un’intima canzone dell’anima. All’autore piace narrare e lo fa in un modo poco convenzionale. Sappiamo poco dei caratteri dei suoi personaggi perché preferisce donarci solo sfumature che cambiano colore continuamente. Non sappiamo chi sono ma sappiamo cosa ci trasmettono a tal punto che di essi ci arriva il succo, il nocciolo della loro anima che sfuma ed evapora attraverso le poche parole per incastrarsi in frasi brevi da cui nascono immagini, riflesso di una profonda interiorità umana.
C’è delicatezza e silenzio, un gusto elegante e raffinato di sentire la vita oltre la ruvida scorza della quotidianità. Momenti reali che appaiono come trasfigurati, sacralizzati ed innalzati oltre la superficie del profano in cui tutti siamo immersi e in cui rischiamo di annegare. Ci sono sapori e odori raccolti in frasi condensate che seppur piccole e rinchiuse in biglie di vetro colorate, profumano di vita, amore e solitudine. La solitudine di un amore spezzato come quello di Cecilia che si sente usata come un’amante qualunque, di cui è solo il corpo ad attrarre mentre la sua anima rimane appesa ad un filo, schiacciata sotto un vestito nero inzuppato di vino “davanti alla tovaglia delle grandi occasioni.”
C’è una capacità straordinaria di rendere tangibili le emozioni come quelle della perdita di un figlio negli occhi di chi è madre e padre, come Lucia e Matteo. Dolore e follia lucida degli attimi perduti e mai vissuti. Immagini scioccanti come quella di una donna che culla tra le braccia un asciugamano raccolto, fingendo che sia il suo bambino di cui non c’è voce, pianto, né vita. La nenia senza volto che sussurrano le labbra di Lucia ad un fantasma mai nato. Anime in pena che tremano di fronte ad una tragedia che tempesta la vita rendendo la speranza una culla vuota senza un domani.
“La pace invade la stanza. Poi va in frantumi, contro quegli esseri in piedi accanto alla culla. Contro quei naufraghi che hanno affrontato la burrasca, ma che alla fine si sono arenati sulla spiaggia. A sognare di ripartire come i relitti di una tempesta.”
Il ritmo delle frasi che si ripetono è incalzante così come le scene vivide, sapientemente raccontate, carnali, immediate. La semplice scelta di un verbo che racconta più di una frase, le pause, gli aggettivi che creano mondi di colori e meraviglie. Ma anche solitudini grigie, bianco e nero di dolore e pozzanghere gonfie di pioggia che diventano uniche isole per scappare dalla delusione.
Molte pagine mi hanno commosso, soprattutto quelle dedicate alla storia tra Matteo e Lucia, la loro sofferenza che si trasforma lentamente in distanza perché la follia è già troppo vicina per contrastarla. C’è una silenziosa e dura dignità in quel dolore e in quella pazzia. Non c’è l’ignoranza di chiedersi il perché sia capitato a me, c’è solo la consapevolezza che da certe tragedie non si torna indietro. Lucia ha perso il suo bambino e neanche quel “Ti amo ancora” può salvarla dalle porte dell’inferno fatto di piedi nudi e vestaglie bianche, di grida e cantilene, per ricordarci che oggi si è pazzi fino a domani. Oggi non ce n’é per nessuno quando si perde un figlio. L’autore è fin troppo bravo ad insinuare tra le sue parole le immagini di una madre che non si riconosce più, di una donna che fugge anche dall’uomo che ama, lontano dai fantasmi morti rinchiusi nell’orrore dei suoi stessi occhi.
Spesso il lettore è impreparato nel trovarsi di fronte campi sterminati di sentimenti, boschi che cullano e proteggono suoni, mani che disegnano nell’aria i movimenti di un timido pianoforte che fa tremare le grida della terra. Ogni elemento naturale come il bosco, l’erba, la pioggia diventano il fulcro e l’alcova di emozioni espresse come valanghe, come discese sconfinate davanti alle quali è impossibile arrestarsi.
La penna dell’autore scava dentro gli uomini e le donne di cui racconta, mettendoli a nudo senza vergogna. Essi tremano, piangono, ridono, sognano, tutto rigorosamente in stile puramente umano. E’ un romanzo intriso di umanità che esalta l’interiorità della felicità e del dolore senza necessariamente chiamarli con quel nome. Sulla sfondo di queste storie che s’intrecciano, in cui sconosciuti si riconoscono e condividono momenti che servono per dare un nuovo senso alla vita, il tempo “è diventato vuoto, scuro, tremendo, su cui si è abbattuta una tempesta, che ha graffiato quei visi con la rabbia e ingrigito quei sorrisi con la nebbia.”
Le percezioni che emergono dalla lettura sono nitide, intime, sembra di sentire lo spirito di queste anime indifese e scoperte da noi che abbiamo sete di emozioni e carezze. L’interiorità è espressa attraverso la natura e l’arte della musica e del disegno, le essenze eterne che sfidano il tempo, che diventano culle di sentimenti che accogliamo come le uniche note che vogliamo ascoltare.
Come la musica creata da Lorenzo è accesa, viva, calda, furiosa così anche la scrittura dell’autore è armonia e melodia di parole e di oltre.
“La vita incompiuta rimane nell’aria. A disegnare percorsi sonori sconosciuti, dal pulviscolo dell’aria, direttamente nella mente. E aspetta che qualcuno vada a liberarla. A lasciarsi cullare dal fluire incontrastato delle note, che s’impregnano nella materia, come gocce d’acqua sulla terra nuda. La mano le afferra e le mette in fila, le incastra in una successione perfetta.”
Questo è quello che Lorenzo fa con la musica e che incarna perfettamente ciò che l’autore crea con le proprie parole.
I cavalli della giostra è pura poesia che trasuda sensualità dei corpi e delle menti di questi esseri mortali e tragicamente umani che solo cercandosi da lontano, si accarezzano attraverso il vento fino ad unirsi in un unico tocco.
C’è un lieto fine per ciascuna di queste storie, non voglio nasconderlo. Storie d’amore e di dolore, perdono e sollievo, partenze e arrivo. Ma cos’è l’amore se non il centro di queste pagine che si raccoglie intorno all’unico concetto veramente importante: “Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno”.
E allora lottiamo contro l’amore non dato perché esso
“rimane nell’aria. Aspetta che qualcuno vada a liberarlo. L’amore non dato impazzisce nell’aria. Si mette a urlare, a prendere a calci le inferriate della sua prigione, fino a quando non riesce ad uscire. L’amore non dato è sottile come l’aria, s’infila nel petto, rimbomba, non dà tregua, rimbalza nel cervello senza sosta, sospende il ritmo vitale e diffonde l’impalpabile sensazione di morire.”
Antonio Gentile sa come farsi capire, sa essere delicato e profondo, consapevole incantatore della sua giostra di parole. Ogni parola è un cavallo che danza fatto di penna e di carta che sogna la libertà oltre le mura strette di una stanza.
Vorrei dire all’autore che non dimenticherò questo libro che mi ha fatto tremare grazie soltanto alla semplicità dell’emozione che tra queste pagine scivola fuori come la seta che non si trattiene sulla pelle nuda del cuore.
I cavalli delle giostre, legati ad aste, prigionieri del luna park della vita, delle gabbie del mancato perdono e del senso di colpa, sognano la libertà di volare nell’aria.
Il romanzo inizia con un tono delicato e leggero, poi si trasforma in angoscia e abbandono, in rabbia, morte ed impotenza. Ma i cavalli sono sempre lì ad aspettare, sporchi e trafelati in attesa di cambiare. Ne sono passati di titoli di coda ma la giostra prima o poi sarà vuota.
Recensione su qlibri.it
Questo è un romanzo molto diverso dai soliti, unico e che va contro gli schemi e gli stereotipi che ci vengono proposti dall’ editoria oppure che troviamo in libreria. Questo potrebbe essere un vantaggio come invece un enorme punto a sfavore del libro, ci ho riflettuto parecchio dopo averlo finito e soprattutto in previsione di una futura recensione.
Essendo un romanzo davvero originale, atipico ma per questo anche meraviglioso cercherò di trasmettere a voi quello che la lettura mi ha suscitato cercando di affrontarlo con estrema umiltà.
Nel libro troviamo due fratelli Lorenzo e Letizia che vivono con i loro genitori che come spesso accade litigano tra di loro e per sfuggire alla realtà si inventano dei giochi o delle storie, come per la loro giostra preferita di cavalli in un luna park vicino a dove abitano, immaginano che i loro animali preferiti Bianca e Nerone si liberano per scappare via, insieme, per un futuro migliore.
Uno dei due fratelli crede di averli visti volare via ma poi una sera vanno al luna di park e scoprono ben presto che loro si trovano ancora la’.
La loro infanzia e di conseguenza anche la loro adolescenza verrà spezzata da un evento tragico che li segnerà nel loro percorso di vita, la perdita della madre aprirà un grande vuoto in loro. A sua volta anche il padre li ha abbandonati e se la dovranno cavare da soli.
Poi incontriamo Cecilia, una donna fragile, insicura anche lei ha in sé dei fantasmi con cui deve combattere, l’autore ripercorre la sua vita dal primo concerto fino a quando abbandonerà la sua carriera e inizierà un percorso verso il declino. La storia dopo ci parla di Matteo e di Lucia, una giovane coppia all’apice della felicità per la nascita della loro primogenita, infatti Lucia sta per dare alla luce una bambina che si chiamerà Siria.
Successivamente ritroviamo i due dopo il parto e il lettore intuisce che qualcosa è andato storto che la bambina non c’è e che Lucia è in uno stato emotivo e psicologico difficile, si stacca dalla realtà e dal marito.
Ma Lorenzo e Letizia, dove sono finiti?
Le storie dei due fratelli e di Cecilia e Matteo si fondono, entrambi saranno il sostegno l’uno dell’altro per andare avanti per continuare a sopravvivere e affrontare la vita in maniera migliore.
I temi trattati in questo libro sono molteplici, devo dire che su 210 pagine circa, di spunti e tematiche su cui riflettere ce ne sono moltissimi.
In primo luogo il dolore e la sofferenza,secondo me, la fanno da padrone, sia quello che si prova quando si perde una persona cara, oppure quello che invece si prova nell’interno del proprio animo, quello interiore psicologico ,che è più forte di quello fisico e che dal quale forse non si trova rimedio.
Letizia e Lorenzo subiranno il trauma della perdita della persona a loro più cara, di quella che li incoraggiava e li spronava ad affrontare le loro difficoltà, le loro paure ad andare avanti e a superarle, la stessa donna che darà la sua vita per il bene dei figli.
Rispetto al padre è la persona che da più affetto che li capisce e che rimarrà sempre una figura importantissima nelle loro vite. Mi ha molto colpito la metafora dei titoli di coda come quando un film è finito per descrivere il momento della perdita della madre.
Cecilia, è una persona che combatte le proprie insicurezze lasciandosi andare o sprecando la propria vita con persone sbagliate, dopo la fine della sua carriera si butta via, si lascia amare e vive una vita senza passione, senza amore senza speranza, forse la vita ha per lei in serbo una seconda possibilità rappresentata da Lorenzo. Ma anche Lorenzo è un ragazzo speciale che non riesce a distinguere il quadrato da un cerchio ma questo non gli impedisce di lottare per il suo sogno che era poi quello anche della madre.
Matteo, uomo innamorato della moglie che non riesce a staccarsi da lei, dai ricordi che lo imprigionano che non lo lasciano andare avanti con la sua vita, nemmeno la sua passione per la pittura riuscirà ad aiutarlo, ma l’incontro con Letizia cambierà qualcosa.
L’autore è riuscito in modo veramente unico a descrivere le emozioni, le atmosfere, la sofferenza dei personaggi , le loro fragilità e le loro insicurezze. Altri temi che vengono affrontati nel libro sono sicuramente il bisogno d’amore che viene ricercato dai personaggi e alla fine si inserisce il tema del perdono.
La metafora iniziale dei cavalli delle giostre, dove i cavalli vogliono liberarsi dal padrone delle giostre, così anche Letizia e Lorenzo cercano in tutto il romanzo di trovare quella strada, quella via di fuga che gli permetta di liberarsi dalle catene del passato e di andare avanti liberamente.
Lo stile di Gentile si avvicina molto alla poesia, utilizza moltissimo le frasi brevi e sovente le ripete oppure viene ripetuto l’inizio della frase come a rimarcare e a rinforzare il concetto che vuole esprimere.
Molti passaggi del libro mi sono rimasti impressi grazie sicuramente alla scrittura brillante dell’autore e alla sua bravura nel descrivere le situazioni, le emozioni e lo fa spesso utilizzando anafore e metafore.
Il libro ha di per se una morale o meglio vuol far trapelare un messaggio che c’è di fondo in tutta la storia, la vita cambia in un attimo ma” forse di tempo c’è ne ancora per rimediare agli sbagli e al dolore procurato. E se c’è non si può sprecare.” E poi ancora che “non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno”, che ci sia un fratello, un genitore, un amico o qualsiasi persona che se è in difficoltà va ascoltata,capita e seguita nel suo percorso.
Consiglio questo romanzo a tutti quelli che vogliono leggere qualcosa di diverso, che si vogliono mettere in gioco, misurarsi con un genere originale e a chi vuole lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Recensione su diariodiunadipendenza.blogspot.it
Volevo leggere questo libro. E poi no. Tra le email ricevute, nelle scorse settimane, una dell'ufficio stampa di una piccola casa editrice da tenere d'occhio, costantemente. Pubblicazioni interessanti, titolo interessante. I cavalli delle giostre. Animali malinconici, con zoccoli e zampe di legno che non possono correre. Ancorati a un palo, come cani legati col guinzaglio a un lampione acciaio. Perché loro non possono entrare. La copertina fotografava una scena quotidina. L'inchiostro immortalava personaggi quotidinani – tristi e felici, belli e brutti, comunemente comuni. Quei famosi cavalli – come i mostri del tunnel degli orrori – mi avevano intimorito, d'un tratto. La sinossi parlava con parole difficili di quelle quattro vite che, in un giorno appena, ho fatto mie. Il linguaggio della matematica, della scienza, della razionalità. La poesia di un ingegnere. Un giorno, un messaggio dell'autore, su Facebook. La richiesta di un parere sincero. Antonio Gentile ha uno stile più vicino alla poesia che alla prosa e avevo paura di non capirlo bene: per certe cose, non sono abbastanza sensibile. Mai stato, non lo nego. Però ho accettato, ho detto sì. Per le 200 pagine complessive e per lo stesso mare in cui io e Antonio, vicinissimi, ci specchiamo. Quella striscia d'acqua blu, ogni lunedì, mi sfila accanto, in treno. Accanto, magari, tante volte, dai primi d'ottobre fino a questo aprile dispettoso, mi è sfilato anche il covo dell'autore. Lì dove questa storia è stata generata. I cavalli delle giostre mi è piaciuto molto e, dico la verità, non ne ero sicuro al cento per cento. Io sono diretto, acerbo, rozzo. Poco lungimirante per intercettare la sottile linea rossa tra romanzo e aforisma. La poesia mi ricorda ancora scuola. E invece, questa volta, con Antonio a guidarmi, l'ho intercettata. Ho trovato quel filo e ho scoperto, stupito, che formava un solido nodo da marinaio. Questo romanzo è una sensazione che non ti spieghi: avido di dialoghi, generoso di descrizioni. Descrizioni di una realtà filtrata dagli occhi dell'anima, non dal comune sguardo. Un caos bianco, un caos calmo. Un'antologia di poesie, quasi, che formano una storia e ancora un'altra. Le parole sono strumenti infiniti con cui giocare e sperimentare. Con cui divertirsi, per parlare di persone che non ridono, o con cui rilassarsi, per raccontare di ragazzi senza pace. Ci sono le farfalle, le stelle, le nuvole, piume che cadono e rumore non fanno, lacrime che – in un giornate di sole, in un giorno migliore – formano l'arcobaleno. Scie di aerei supersonici che creano trame nel cielo, sodalizi e matrimoni tra le nuvole. Questa è una fiaba per bambini di venti o trent'anni da leggere con i cinque sensi. Con gli occhi, soprattutto, e le mani, e il naso... E' una sensazione imprecisa, imperfetta, sfuggente. E una sensazione come fai a descriverla, se ti porta ai ricordi d'infanzia – al giardino di nonna in estate, alle corone di margherite a primavera, al vischio a Natale? La scrittura di Gentile è limpida, cristallina. Un prisma che scompone colori – i più tenui, dolci e delicati inventati dal buon Dio. La parola è catarsi, l'arte (la pittura, la musica..) è espiazione. La parola è arte. Innegabilmente bella. I periodi creano un sentiero sottile di briciole sottili. Ma attenzione: gli uccelli, con i loro becchi gialli e le piume sporche, potrebbero cadere già dal cielo e divorarle tutte! Attenzione: il vento potrebbe soffiarle via per crudeltà! E allora i bambini perderebbero la strada del ritorno. Il sentiero di mattoni gialli verso casa. Consigliato a chi...
Vuole una storia come tante, ma scritta come poche. A chi ha scoperto che il mare esiste anche d'inverno.
A chi, in macchina, con lo sguardo che indugia oltre il finestrino bagnato e i tergicristalli in azione, pensa che la luna lo stia seguendo. E stia brillando, gialla e romantica come in una canzone del Coldplay, solo per lui.
L'articolo sulla presentazione del romanzo a cura di Rete8.it
"I cavalli delle giostre" è stato da poco pubblicato con Edizioni Anordest, autorevole casa editrice trevigiana, dopo aver vinto il prestigioso premio letterario InediTO alSalone del libro di Torino 2013, dove la scrittura dell'esordiente autore pescarese (nella vita ingegnere) ha subito convinto e affascinato la giuria per la sua raffinata capacità descrittiva: "gestione stilistica molto matura e ben gestita, con una spiccata maestria. Equilibrio della pagina, una dopo l'altra, sempre perfetto e armonioso. Un romanzo importante, bello e 'necessario' per gli argomenti che affronta: un sogno ad occhi aperti che scopriamo ad ogni istante essere la realtà vera" (motivazione della giuria di InediTO 2013).
Si tratta, infatti, di un'opera narrativa evocativa, musicale, ricca di metafore e anafore, capace di scavare con padronanza nell'animo umano, cogliendone le innumerevoli sfumature.
Il contenuto del romanzo ruota intorno a due temi principali: cura dell'altro e liberazione, due concetti strettamente legati fra di loro, resi con una narrazione che procede in una focalizzazione estremamente intima e mette a fuoco singoli momenti astratti dal corso del tempo, riducendo all'osso le coordinate spazio-temporali.
La storia ci accompagna nella vita di Lorenzo e Letizia, due fratelli, due esistenze "sospese", nel tentativo di guarire le ferite dell'infanzia, segnate come marchi a fuoco sulla pelle.
Cicatrici che li condizioneranno fino all'adolescenza, che li faranno allontanare dalla realtà e perdere nel bisogno di liberarsi, come i cavalli delle giostre di un vecchio luna park abbandonato, dove andavano a giocare da bambini.Su strade parallele, i loro destini s'incrociano con quelli di Matteo e Cecilia.
Due incontri inaspettati che li riporteranno ad una dimensione compiuta, scoprendoli fino al punto più profondo dell'anima.Un percorso e una crescita nel segno del dolore, del lutto, della diversità, che l'autore dipinge con una grande proprietà di linguaggio ed un vocabolario ricchissimo.
Numerosi sono stati i riconoscimenti al romanzo in molti altri premi letterari, che ne hanno decretato la maturità artistica: "Un romanzo d'impianto sperimentale, per raccontare destini incrociati di esseri fragili, profondamente e intimamente feriti dalla violenza spesso subdola che costella le loro esistenze nei momenti cruciali: quelli della formazione, quelli delle scelte decisive sul piano esistenziale.
Una prosa poetica a rendere l'atmosfera di questa dimensione narrativa che è tutta interiore, che sembra talvolta essere quasi sospesa nella realtà e che trova coerentemente riscontro in un mondo esteriore filtrato dai momenti di crisi che caratterizzano e accompagnano i personaggi.
Tutto questo è reso in modo molto efficace dall'autore, con uno stile franto, spezzato, nervoso che vale a rendere l'inquietudine che è la cifra di questo romanzo. Uno stile che, lasciandole intuire, sa vestire di pudore violenze innominabili, rendendole così ancor più brucianti nel loro svelarsi alla sensibilità del lettore. (motivazione per il 1° premio all'edizione Mondolibro 2013).
Recensione su meloleggo.it e ilgiornaleweb.it
Comincia così, I cavalli delle giostre, il romanzo di Antonio Gentile: con le esperienze ludiche di due fratellini intenti a inventarsi un mondo incantato dove potersi perdere, sognando di aiutare persino i cavalli delle giostre a fuggire via dal loro eterno girare in tondo. La scrittura è ritmica, ipnotica, ricca di ripetizioni che vanno a sottolineare i gesti e i luoghi, facendo prendere vita alle immagini su carta come un Luna Park che accende le proprie luci nel buio più assoluto della notte. Ecco allora la stanza che è il luogo dei giochi, il bosco che è il luogo dell’avventura, e i bambini, loro, che prendono ciò che non riescono e non possono dimenticare e lo trasformano e purificano attraverso la fantasia: Letizia disegna e Lorenzo racconta. Il pianoforte rompe gli argini dell’impotenza di Lorenzo e crea per lui luoghi dell’immaginazione, la via di fuga dal suo problema e una nuova percezione della realtà.
Ben presto questo mondo verrà però distrutto da un evento tragico che cambierà ogni cosa e le loro vite si troveranno intrecciate a quelle di altri due personaggi, Matteo e Cecilia, vite spente legate ai ricordi sbiaditi di una felicità lontana. Eppure le sofferenze si compenetrano e diventano la base di una comprensione capace di creare tra questi giovani uomini e donne un legame basato su una disperazione condivisa. L’incontro però induce sempre la messa in moto di nuove dinamiche. È grazie a queste che quindi inaspettatamente Cecilia ritorna alla musica, affascinata dalla bravura di Lorenzo che, senza aver studiato, è comunque capace di far vibrare di emozione chiunque lo ascolti; Matteo, a sua volta, riemerge dal grigiore della sua vita spezzata dalla perdita del bimbo tanto desiderato e riprende a dipingere, ridando colore e corpo alla sua vita grazie a Letizia, che cerca in quei dipinti la sua immagine dimenticata. Attraverso I cavalli delle giostre si perdona, si riflette sull’importanza della vita, su come si cambia e soprattutto su come sia più semplice cambiare le cose ridisegnandole come vorremmo che fossero piuttosto che indulgere su ciò che è ormai trascorso.
Oltre ad arrivare tra i titoli finalisti al Premio Letterario La Pania, I cavalli delle giostre si è aggiudicato il primo posto alla XV edizione del Premio Letterario Internazionale Mondolibro e al Premio Letterario InediTO nella cornice del Salone internazionale del Libro di Torino edizione 2013.
Articolo su Abruzzo24ore.tv
Il romanzo d’esordio del pescarese Antonio Gentile vince il premio letterario “InediTO”
Nella prestigiosa cornice del Salone Internazionale del libro di Torino, Sabato 18 maggio si è tenuta la cerimonia di premiazione di uno dei più importanti premi letterari per inediti d’Italia.
Il vincitore della sezione Romanzo è stato Antonio Gentile, ingegnere di Pescara, alla sua prima prova letteraria dal titolo “I cavalli delle giostre”, che adesso verrà pubblicata con un editore di interesse nazionale.
La giuria composta da personalità di spicco del settore ha premiato la qualità narrativa e la capacità descrittiva dell’autore abruzzese, ritenendo il lavoro già pronto per affrontare il difficile panorama letterario italiano.
“I cavalli delle giostre” è un romanzo fortemente introspettivo e psicologico, scritto con uno stile narrativo che si intreccia con la poesia.
L’autore ha scelto di raccontare la storia attraverso le sensazioni e le emozioni dei protagonisti, piuttosto che nella descrizione degli eventi e dei pensieri: brevi frasi cariche di significato piuttosto che dar vita a un discorso complesso, vanno a comporre un piccolo quadro che rappresenta l’importanza di uno o pochi momenti significativi della vita, tanto che ogni capitolo si richiude su sé stesso, terminando nel richiamo della situazione iniziale.
È così che il lettore viene accompagnato, per brevi e intensi episodi, nelle storie dei protagonisti, di cui viene detto quanto necessario per il prosieguo delle narrazioni.
Le loro vite vengono continuamente riflesse in quelle arti che trasmettono emozioni senza parlare: musica, pittura, fotografia, il tutto raccontato senza mai perdere il tono leggero e evocativo del mondo indistinto e sensibile, in qualche modo semplice e innocente, percepito nei primi anni dell’esistenza.
Recensione sul blog "Mondoscrittura"
I cavalli che vivono prigionieri delle giostre sono costretti a girare in tondo ogni giorno della loro vita, e il sogno fanciullesco di Lorenzo e Letizia è renderli liberi; di notte sgattaiolavano a liberarli, sperando ogni volta che fosse per sempre.
Anche se l’infanzia dei due fratelli finisce per scontrarsi col mondo e restarne bruciata, Lorenzo e Letizia proseguono la loro vita spinti da quello spirito iniziale, alla ricerca di ciò che hanno perduto: camminano lungo la vita con sentimento, trovandosi inevitabilmente a incrociarsi con altre persone guidati dalla stessa visione del mondo.
La narrazione delle loro vite è continuamente riflessa in quelle arti che trasmettono emozioni senza parlare: musica, pittura, fotografia; e il tutto raccontato senza mai perdere il tono leggero e evocativo del mondo indistinto e sensibile, in qualche modo semplice e innocente, percepito nei primi anni dell’esistenza.
Dei personaggi viene detto quanto necessario per il proseguimento delle narrazioni. Di Lorenzo, Letizia, Matteo, Cecilia non sappiamo quasi altro di quei pochi tratti raccontati e di ciò che è funzionale alla storia; il resto è lasciato nel mondo indistinto, non serve né si avverte alcuna sensazione di mancanza: questi pochi elementi sono sufficienti a delineare personaggi concreti, dando loro unicità e profondità.
Antonio Gentile sceglie di raccontarci questa storia attraverso le sensazioni e le emozioni che la vita suscita nei protagonisti, piuttosto che nella descrizione estensiva degli eventi e dei pensieri; e sceglie di farlo con uno stile che si avvicina ai versi di una poesia: brevi frasi cariche di significato che piuttosto di dar vita a un discorso complesso, vanno a comporre un piccolo quadro che rappresenta l’importanza di uno, o pochi momenti fondamentali.
La narrazione procede così con una successione di brevi capitoli, ciascuno in piccolo quadro che apre e chiude un momento significativo della vita, tanto che ogni capitolo si richiude su sé stesso, terminando nel richiamo della situazione iniziale. È così che il lettore viene accompagnato, per brevi e intensi episodi, nelle storie intrecciate dei protagonisti.
Lo stile di scrittura riesce molto bene a trasmettere quelle emozioni con cui si vogliono rappresentare i singoli eventi.
Si nota l’assenza di uno spessore di nozioni sul passato, che spieghino sia le situazioni in cui di volta in volta si viene catapultati, sia le ragioni dei comportamenti dei protagonisti. Leggendo il libro come una serie di quadri e accettando solo quello che l’autore vuole comunicare, queste spiegazioni sarebbero inutili, o addirittura dannose all’atmosfera: il libro è una sequenza emotiva, più che una storia narrata, e così secondo me deve essere letto.
È facile che questo tipo di lettura abbia bisogno di tempo, e di pause, perché nello scorrere delle pagine si sente il continuo iniziare e interrompersi di una narrazione in cui ogni capitolo vuole quasi essere letto a sé; non è un racconto per esser letto tutto d’un fiato, come non lo sono i libri di racconti o di poesie.
Intervista e recensione su "Recensionilibri.org"
Antonio Gentile, il suo romanzo d’esordio s’intitola I cavalli delle giostre, vorrei partire dall’idea che c’è alla base di questo suo libro. Qual è?
“Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno” dice Letizia, una dei protagonisti, al culmine della narrazione. Cura dell’altro e liberazione: due concetti strettamente legati fra loro, intorno ai quali ruota tutto il contenuto della storia. Incontri fra anime ferite che, specchiandosi l’una nell’altra, condividono fragilità, affermando così la propria identità, trovando un posto nel mondo.
I cavalli delle giostre è un simbolo e allo stesso tempo il fil rouge di questo romanzo. Ce ne vuole parlare?
I cavalli delle giostre rappresentano la malinconia, la rassegnazione che possono prendere il sopravvento nelle circostanze della vita, che imprigionano e costringono l’esistenza su un alienante, ripetitivo percorso dal quale non si riesce a scostarsi. I cavalli delle giostre rappresentano, tuttavia, anche la speranza, la potenzialità, il tentativo di fuggire e spezzare le aste che precludono la liberazione. Nel romanzo, lo strumento di liberazione è l’altro. L’incontro, la cura degli affetti sono le uniche esperienze in grado di donare una nuova visione del mondo e raggiungere equilibrio e serenità.
Nel suo romanzo hanno un ruolo cruciale i ricordi spesso dolorosi che si accompagnano all’infanzia, in un percorso di crescita non sempre facile. Qual è il ruolo del tempo in questo percorso?
Il mio tentativo è stato quello di creare un romanzo, per quanto possibile, atemporale. Lo scorrere del tempo può risultare impalpabile, vuoto, sprecato se non è segnato a fuoco con la vita, i sentimenti, l’espressione della profondità dell’anima. Si stratta dell’incommensurabile differenza tra il tempo misurato dalle lancette di un orologio e il tempo prodotto dalla musica (il tema della musica è uno dei contenuti predominanti del romanzo). Il tempo misurato da un orologio passa, si dissolve, non può tornare indietro, perché è una percezione della mente. Il tempo della musica passa ma non si dissolve, diventa eterno, perché è una percezione dell’anima.
Il suo stile di scrittura frammentato ma evocativo rispecchia le storie che lei racconta nel romanzo?
Lo stile frammentato ha la pretesa di riflettere il moto dell’io interiore, di rievocare la dinamica misteriosa ed indecifrabile dei sentimenti. Il linguaggio, parlato o scritto, decodifica quanto suscitato nell’interiorità, interpreta una sensazione ma ne tralascia mille altre. Per questo, ho cercato di rendere più scarna ed essenziale possibile la narrazione, in modo da non inquinarla con le mie interpretazioni e di lasciare al lettore la possibilità di evocare, senza disturbo, le proprie sensazioni.
Ha in programma altri progetti editoriali?
Ho appena pubblicato l’ebook sui grandi distributori online (Google Play, Amazon e a breve anche su iBookstore, Kobo, ecc.). Ho mantenuto il prezzo a un importo irrisorio (0,99 €) per permettere alla più ampia quantità di persone possibile di poterlo leggere.
I cavalli delle giostre, il romanzo d’esordio di Antonio Gentile (autoprodotto e disponibile su amazon.it a € 0,99) è un viaggio interiore. Ricordi, dolore e sentimenti tra le righe di queste pagine.
Lorenzo e Letizia sono due fratelli, uniti nel gioco e nella fantasia, da bambini, nel dolore durante la crescita. È con l’affetto reciproco che tentano di guarire le ferite dell’infanzia e i ricordi dolorosi del passato. Di un passato che condiziona inevitabilmente i loro pensieri, la vita di tutti i giorni. È impossibile separarsene così, da un giorno all’altro. Il loro percorso di crescita è legato a quanto hanno vissuto da piccoli.
Ma in questo libro i dolori del passato non si superano da soli, è il contatto con l’altro, con chi ci capisce a guarire le ferite. I loro destini infatti, sono destinati ad incrociarsi con quelli di altre vite spezzate.
Lorenzo col suo amore immenso per la musica e con la sua ferrea forza di volontà incontra Cecilia, una musicista di talento che il profondo dolore di una storia d’amore negata ha relegato ai margini della sua stessa vita.
Ne I cavalli delle giostre musica, sensazioni e storia personale si legano inscidibilmente:
[…] “La musica arriva dal bosco. Ha il sapore e l’odore di eterno, è fresca, fluida, solenne…S’imprime nell’iperbole disegnata dal vento, che cala le note dal cielo, racchiuse nei frammenti di pioggia. Poi le infrange per terra e le scaglia nell’aria…” […]
[…] ”I suoni e le immagini di una vita abbandonata in un tempo lontano, luoghi dispersi tra i sogni del cielo e gli incubi della nebbia. S’infilano tra le righe parallele del pentagramma. Fino a farle toccare.” […]
Letizia invece incontra Matteo che la vita ha messo a dura prova, con la perdita, molto dolorosa, di una persona cara.
Sono quegli incontri che sembrano casuali, che possono apparire usuali, come tanti, ma che cambiano la vita, che riescono a scavare nel profondo dell’anima.
Nulla e infinito, materia e anti-materia, silenzi e parole. Le categorie che dominano questa narrazione. Il racconto è scevro di dettagli superflui, scarnificato di ogni elemento narrativo inutile, si focalizza sull‘interiorità dei protagonisti, sul loro vissuto. Il contesto intorno a loro, infatti, si assottiglia sempre più diventando unicamente funzionale alle loro vicende interiori.
Il lessico è ricercato. Lo stile è frammentato e segue il flusso emotivo dei protagonisti di queste storie.
Palpabile questa smisurata voglia di volare, di liberarsi dalle paure, dai ricordi dolorosi, dai limiti che questi stessi impongono sulla quotidianità.
Sperimentare, ancora una volta, l’ebbrezza smisurata di volare…
In tutti gli uomini che hanno bisogno di partire….
E di sapere che, una volta arrivati, nessuno li costringerà più a tornare.
Liberazione e cura dell’altro. Sono i due principi intorno ai quali ruota il romanzo.
Chiuderei questa recensione con un’immagine che domina all’inizio e alla fine del romanzo: i cavalli delle giostre che rappresentano la malinconia e la rassegnazione a restare imprigionati in una vita che non si desidera, ma allo stesso tempo rappresentano una prospettiva positiva, la possibilità di tornare ad essere se stessi, liberi da ogni paura.
Seconda recensione del blog "Scrittura mania"
Cura dell'altro e liberazione: due concetti strettamente legati fra di loro ne "I cavalli delle giostre", intorno ai quali ruota tutto il contenuto di quest'opera poetica, evocativa, musicale, ricca di metafore e anafore, delicatamente sognante, capace di scavare con assoluta maestria nell'animo umano, cogliendone le innumerevoli sfumature.
"Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno"-asserisce Letizia, una dei quattro protagonisti del romanzo e questo concetto fa da perno sia al suo incontro con Matteo che a quello fra Lorenzo e Cecilia. Incontri che mettono a nudo fragilità per sanarle, incontri nei quali l'altro è strumento di liberazione, in grado di donare una nuova visione del mondo, spezzando le aste cui i cavalli delle giostre sono legati, nel loro alienante, ripetitivo percorso.
Incontri fra anime che, specchiandosi l'una nell'altra, condividono fragilità, affermando così la propria identità, trovando un posto nel mondo. Ed è proprio per entrare nuovamente in contatto con se stessa che Letizia chiede a Matteo, pittore e professore d'arte, di ritrarla, attribuendo in maniera surreale al ritratto una forza salvifica mentre suo fratello Lorenzo propone a Cecilia, ex concertista e professoressa di musica, di impartirgli lezioni di piano per potersi presentare al Conservatorio ed essere esaminato.
L'arte in quest'opera, così come l'amore nelle sua forme più disinteressate, si fa mezzo di liberazione dalla metaforica giostra dei cavalli, dei quali tutti siamo prigionieri, assumendo una funzione terapeutica.
Il libro ha pagine di struggente poesia, disseminate un po' ovunque , poesia che, nel primo capitolo, ha il sapore dell'infanzia e di tutta la sua magia, nei passi che descrivono gli anni difficili di Lorenzo e Letizia bambini, segnati da vicende familiari traumatiche, logoranti, sofferte. Ma, oltre che attraverso l'arte, è tramite il perdono che i due fratelli si riconciliano con la vita, perché se è vero che "Perdonare è il viaggio più difficile da fare" è anche il tassello mancate alla loro liberazione definitiva, il passo finale per affrancare i cavalli (e se stessi) dalle giostre che li imprigionano, così come Lorenzo e Letizia da bambini avevano sempre sognato, nella loro commovente tenerezza e nel loro bisogno di sfuggire a certe dinamiche familiari. Nella vita, del resto, come si legge in quest'opera, siamo sempre in tempo per cambiare il finale e farlo è un atto che richiede volontà, impegno, fiducia.
E' un messaggio di speranza, quindi, quello lanciato da questo libro che vanta uno stile curato, contenuti di spessore, una poeticità rara, uniti a un'innegabile abilità nel descrivere emozioni, atmosfere e personaggi...e Gentile è solo al suo esordio letterario.
Un autore da non perdere di vista...
Recensione sul blog "La stamberga dei lettori"
Romanzo fortemente introspettivo e psicologico, I cavalli delle giostre è un intreccio di vite e di sensazioni, una narrazione che si spezza accostandosi alla poesia, una storia di contatto e scontro, di liberazione e salvezza, che non è possibile senza l'aiuto reciproco. Non siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno - è questo il tema principale del romanzo.
Così è certamente per i quattro personaggi fondamentali, due coppie disposte in un chiasmo di ricercata bellezza. Innanzitutto Lorenzo e Letizia, colti dapprima in un'infanzia complessa, difficile, due bambini che posseggono la vitalità dei cavalli imprigionati, proprio come quei cavalli delle giostre che amano e che sognano di vedere liberi.
La narrazione procede in una focalizzazione estremamente intima, mette a fuoco singoli momenti astratti dal corso del tempo, riducendo all'osso le coordinate spazio-temporali: un percorso e una crescita nel segno del dolore, del lutto, della diversità, anime che errano alla ricerca di un senso e di una stabilità. Finché non incontrano Matteo e Cecilia: scolpiti, anche loro, da perdite e smarrimenti. Ciò a cui puntano i quattro personaggi è soprattutto un equilibrio, raggiungibile attraverso il doloroso ma inevitabile contatto con l'altro, un incastro perfetto, come in un puzzle.
Il punto di forza di questo romanzo è indubbiamente la sua bella scrittura: una grande proprietà di linguaggio, una certa sensibilità che si traduce in poesia, un vocabolario ricchissimo, che danno il meglio soprattutto nei passaggi musicali (la musica, elemento d'incontro tra il dotato Lorenzo e Cecilia, musicista in crisi, permea l'intero romanzo).
Proprio per l'alta qualità del comparto stilistico mi permetto tuttavia qualche critica: non guasterebbe una migliore revisione editoriale del testo, soprattutto per snellirlo di una certa ridondanza che pure appare elemento caratteristico della scrittura dell'autore, ma che finisce con l'appesantire un po' la pagina, già provata dalla scrittura spezzata e frammentata. Nella suadente e a tratti barocca malinconia dei personaggi è inoltre ravvisabile un po' di autocompiacimento che si accompagna a una forte sensazione di artificiosità, in netto contrasto con la spontaneità che si vorrebbe evocare. Non guasterebbe anche un po' più di storia: va bene che si tratta di un romanzo squisitamente introspettivo, dotato di un filo logico, continuità e organicità, ma in certi passaggi il ritmo rallenta enormemente, mentre emerge la sensazione di una trama inconsistente ed evanescente.
In ogni caso, una lettura che colpisce e incanta, assolutamente incapace di lasciare indifferenti.
Recensione sul blog "Recensione libri"
Un paio di settimane fa lo scrittore Antonio Gentile mi ha chiesto se fossi stata disponibile a leggere il suo libro e quindi farne, poi, una recensione.
Non è la prima volta che mi capita questo tipo di richiesta, sono sempre ben felice di leggere ma se il libro è di uno scrittore emergente scelgo di farne una recensione solo e soltanto se il libro mi è piaciuto, altrimenti no e questo perché non essendo una critica mi rendo conto che i miei “giudizi” sono basati sui miei gusti, qualcosa di molto soggettivo fortemente condizionato dalle letture che mi accompagnano da sempre, Pennac, Benni, Saramago, Marquez, Isabel Allende e altri.
Tra questi scrittori, oggi, aggiungo Antonio Gentile.
Ed eccomi a recensire il suo libro – I cavalli delle giostre - , che mi è piaciuto sin dalle prime righe, forse per alcune strane coincidenze con la mia vita, coincidenze che per un attimo mi hanno fatto pensare a qualcosa di magico ..ma forse la scrittura E’ magica.
Letizia e Lorenzo, Cecilia, Matteo e Lucia, tre storie diverse ma nemmeno tanto, perché legate da un sottile filo, trasparente, invisibile agli occhi ma chiaro e distinto come un segmento bianco su un foglio nero all’anima, a quella delle persone che hanno sofferto.
Ho seguito le loro storie in punta di pagina, come se fossi seduta sui numeri delle pagine per osservare, guardando in alto, scene di vita, amore, dolore, disperazione, stupore.
C’è la musica, il pianoforte, c’è la perdita di un figlio, quella del proprio io, c’è la libertà dalla sofferenza che si raggiunge dopo il perdono, c’è la libertà dei cavalli delle giostre che significa molto di più di quel che sembra.
Mi piace molto anche il modo di comunicare dello scrittore, è “perforante”, come se le lettere diventassero suono, come se, anche dopo aver chiuso il libro, qualcuno continuasse a leggere ad alta voce.
Letizia e Lorenzo, fratelli, vivono una delle tragedie probabilmente più grandi per dei bambini (Letizia cercherà la pace nel suicidio), le loro vite si intrecciano con quelle di Cecilia (che incontra Lorenzo) e Matteo (che “amerà” Letizia).
Sapete che non rivelo mai il finale, sarebbe una cattiveria.
Per altro ho pensato che questo libro potrebbe diventare un bel film italiano, di quelli che si facevano una volta, di quelli dove il sentimento, la fragilità, la speranza, erano i protagonisti assoluti della sceneggiatura.
Un commento particolarmente centrato
Ho gustato particolarmente l'idea della liberazione, resa in modo molto poetico dai cavalli delle giostre che scappano via, tensione presente in tutto il romanzo. La liberazione può avvenire. Ed è qualcosa di gratuito, frutto di incontri e non di lavoro, frutto di messa in comune di fragilità. L'uscita dalla prigione può essere il frutto di un incontro con un altro prigioniero.
Insieme ci si libera. A volte la liberazione è cercata da qualcuno, come per esempio da Lorenzo per Cecilia, ma spesso è la conseguenza dell'esperienza di una conoscenza profonda, di essere conosciuti.
E l'amore passa da questo. E da questo rinasce la vita. Bello! il rendersi conto che la fragilità può diventare un punto di forza. E bello è il pensiero che possiamo "riscrivere il finale".
La vita che riprende. Che continua. Senza negare il limite, ma comprendendolo in un qualcosa che è più grande e che supera tutto. La liberazione non mette in chiaro tutto, non risolve tutto e non protegge da ulteriori ferite... apre alla vita!
Respiro in questo un grande senso di realtà e di umanità.
Recensione sul blog "Scrittura mania"
Cari amici, voi lo sapete, perché ve lo ripeto all'inverosimile che vi sono grata per tutta la Bellezza cui mi date l'opportunità di accedere con i vostri scritti.
A rischio di sembrarvi noiosa, ve lo ripeterò anche oggi.
Sto visionando il materiale per un'intervista. Questa volta si tratta del romanzo "I cavalli delle giostre" dell'autore esordiente Antonio Gentile, che dell' esordiente sembra avere ben poco, come del resto molti di voi.
Le prime 38 pagine di questo romanzo sono incantevoli.
Lo stile ricolmo di poesia, di immagini simboliche, di similitudini cattura sin dalle prime righe, trasportando il lettore in una dimensione lontanissima dalla realtà e, mentre la prosa si fa poesia, sembra di assistere alla scena di un film o di ammirare un ritratto in cui le immagini hanno contorni insieme rassicuranti e sfocati del sogno.
L'autore, facendoci fare una sorta di viaggio indietro nel tempo, ci regala il sapore buono della magia dell'infanzia, quando con l'ausilio della fantasia ogni azione diventava possibile: persino liberare i cavalli di una giostra obbligati a compiere sempre lo stesso percorso o riportare in vita una lepre insensatamente e barbaramente uccisa.
La fantasia come antidoto all'insensatezza del mondo dei grandi, con le loro scelte sciocche e crudeli prive di senso agli occhi puri e saggi di un bambino. L'infanzia con i suoi piccoli e grandi traumi, quindi, ma anche con la sua magica tenerezza, con quell'altruismo che vorrebbe rendere il mondo un luogo migliore nel quale crescere e vivere.
I cavalli delle giostre - Antonio Gentile - Il Camaleonte edizioni - € 15,00 - ISBN: 9788894176018